Da Venezia a Drò

Just a few lines


Girovagare e osservare, fotografare, scrivere e raccontare.

“Da Venezia a Dro” è un reportage sul riutilizzo di edifici per scopi artisti e culturali.

Un’indagine sugli spazi espositivi, i centri performativi, musicali e di creazione simbolo del fermento culturale e artistico di questi anni.

Un girovagare, dalla laguna di Venezia fino ai monti del trentino, realizzato attraverso una documentazione fotografica, la raccolta di testimonianze di chi abita o gestisce questi luoghi, le nostre impressioni. Cercheremo di presentarvi queste importanti realtà del nord est a volte lasciate in disparte o semplicemente conosciute solo dagli addetti ai lavori, ai frequentatori di settore. Porteremo alla luce questi outsider per far conoscere il loro importantissimo lavoro ai cittadini del territorio, ai turisti e ai curiosi.

Alessio Mazzaro

Questi spazi…


Camminando, tra il bianco intonaco, l’acciaio, i capannoni, la ruggine e gli spazi ampi, l’acqua alle caviglie, le travi, l’elettricità e l’umidità. Correndo nel nord est, nei i suoi campi e tra le fabbriche, ad occhi aperti, ascoltando i cambiamenti, osservando i rumori di una nuova cultura che avanza tra edifici abbandonati e si conquista i propri luoghi.

Quello di cui siamo testimoni, non  è solo un riappropriarsi del territorio, è un bisogno di spazi, personali, propri, di luoghi per dar vita ai pensieri e alle idee.

A volte è solo la necessità di uno spazio fisso, di non dover cambiare ogni settimana i muri che ci stanno attorno, fermare il nomadismo, restare in un luogo e pensare, trascendendo la forma dell’involucro, l’architettura del contenitore perché quello di cui necessitiamo è semplicemente spazio. Se questo è ciò che si vuole, ogni luogo può diventare neutro, anche quello più fortemente connotato. Potremo non percepire più le pareti, i soffitti troppo bassi, gli elementi che sottraggono spazio alla scena. Ma per imparare ad usare uno spazio bisogna abitarlo, conoscerlo, questo ci porta inevitabilmente a studiarne le possibilità e a volte, quasi inconsciamente a scoprire aspetti nuovi, nuove strade da percorre. Potremo scoprire ad esempio un’acustica inaspettata e cominciare a sfruttare la nostra voce maggiormente o decidere di ospitare un festival musicale. Ci sono però momenti in cui, le dimensioni della nostra confezione, non ci dicono solo quanto latte possiamo bere una volta aperto il cartone. Ci sono frangenti in cui la confezione invade il contenuto, scivola in lui alterandone le qualità, come una bustina di thè che tinge l’acqua e le da profumo e gusto. Allora traiamo ispirazione e condizionamento dallo spazio, creando spettacoli nati dalle suggestioni date dall’architettura o installazioni, esibizioni,  create in un luogo e per quel luogo, rischiando a volte di finire nel site specific. A questo punto lo spazio non è più neutro nei confronti della nostra produzione e del nostro processo creativo. Considerare lo spazio neutro o no dipende dalle nostre esigenze, le quali creano il nostro atteggiamento verso la scatola di latte una volta al supermarket. Comprare o no?

Alessio Mazzaro

 

Uno spazio dimenticato

 

Oggi ci troviamo a contatto con una realtà molto problematica: il riuso del luogo. Ogni edificio viene pensato con una funzione. Da questa esso nasce, vive e molto spesso muore. È giusto lasciar morire un edificio? Ha realmente perso la sua funzione? Bisogna per forza ricostruirlo adeguandolo alle esigenze della nuova funzione che va ad ospitare? Oppure c’è un modo diverso di relazionarci ad esso? Un modo che non ci costringa ad abbatterlo per ricostruirlo, ma piuttosto che vada a dialogare con esso? Qualcuno ha provato a fare ciò, a riutilizzare questi spazi e a sfruttare le potenzialità latenti di questi ambienti. Qualcuno ha capito che un edificio vive e si esprime quando è vissuto, quando esso diventa espressione di un qualcosa. Il riuso di questi spazi porta ad una riscoperta e ad una rinascita del luogo stesso. Luogo che prima viveva come fabbrica o come centrale si trova a vivere come luogo d’arte. Ed è li che si scoprono nuove caratteristiche di quell’ambiente: un’acustica inaspettata, una luce ottimale, un comfort inatteso. E l’edificio torna a vivere, ad esprimere, ad offrire nuove emozioni, semplicemente cambiando il colore a qualche parete, sistemando delle luci in posti precisi o semplicemente vuotando ambienti pieni di macchinari per dare voce allo spazio generato dalla costruzione. A volte basta un leggero cambiamento per ridar vita ad un organismo che era semplicemente assopito… Un tocco d’arte per far rivivere uno spazio dimenticato.

Fabrizio M.

Comments
One Response to “Da Venezia a Drò”
  1. LISA ha detto:

    Spesso è proprio la rovina di un edificio ad essere lo stimolo per la sua vera nascita…
    Basta cambiare il modo di vedere le cose!

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